Titolo: La vita reale (Life is real only then, when I am).
Autore: Georges Ivanovitch Gurdjieff.
Argomenti: esistenza, quarta via.
Editore: Libritalia.
Anno: 1930 ca.
Voto: 5.5.
Recensione: qui.
Dove lo trovi: Macrolibrarsi, Giardino dei libri, Amazon.
Eccoci qui con l’approfondimento de La vita reale, il terzo libro, rimasto purtroppo incompiuto, della serie di libri scritti da Georges Ivanovitch Gurdjieff.
Andiamo subito a leggerne alcuni brani, cominciando da un pezzo in cui Gurdjieff parla dell’insoddisfazione, di come l’immaginazione interiore tende a cercare fittizi soddisfacimenti, e di quanto a tal riguardo sia essenziale la presenza.
“In uno stato di non-soddisfacimento relativo al cibo o al sesso, il fattore determinante delle mie associazioni era soprattutto la rivendicazione, e in uno stato di soddisfacimento completo, le associazioni si orientavano sul tema delle soddisfazioni future, relative al cibo ed al sesso, oppure nelle soddisfazioni dell’amor proprio, della vanità, dell’orgoglio, della gelosia, dell’invidia e delle altre passioni.
Avevo cercato molto la causa di questa situazione terribile del mio mondo interiore, e avevo interrogato molte persone su questo tema, ma non avevo potuto chiarire nulla.
Una sola cosa era infatti chiara, ed era che la necessità di non identificarsi e di “richiamarsi a se stessi” in ogni momento, nel corso dello svolgimento dell’esistenza in comune, esige la presenza in se stessi della forza dell’attenzione permanente e che questa forza non si produce nell’uomo se non per mezzo della azione di un fattore costante di richiamo che viene dal di fuori.”
La seconda citazione esamina il lato opposto: senza presenza l’uomo è passivo e schiavo, vittima dei capricci della vita.
“Per noi uomini di questo tempo il male maggiore consiste nel fatto che a causa delle varie condizioni della nostra vita ordinaria e soprattutto a causa della nostra “educazione” anormale, possediamo, giunti all’età della responsabilità, presenze corrispondenti al fiume della vita destinato a perdersi negli abissi sotterranei e finiamo per cadere nella corrente.
Finché rimaniamo passivi, non solamente saremo costretti e restare degli strumenti al servizio di creazioni involutive ed evolutive della Natura, ma dovremo per il resto della nostra esistenza sottometterci, come schiavi, ai capricci ciechi di ogni specie di eventi.”
Terzo brano: ecco i tre mondi con cui l’uomo ha a che fare, e cosa occorre fare per far sì di non essere una marionetta vittima della vita.
“Lo psichismo generale dell’uomo, nella sua forma definitiva, è considerato come il risultato dell’adeguamento ai tre mondi indipendenti.
Il primo è il mondo esteriore, in altri termini tutto quello che esiste al di fuori di lui, sia ciò che può vedere e sentire sia quello che per lui è invisibile e intangibile.
Il secondo è il mondo interiore, cioè tutti i processi automatici della sua stessa natura e le ripercussioni meccaniche di questi processi.
Il terzo mondo è il mondo a lui proprio, che non dipende né dal mondo esteriore, né dal suo mondo interiore e cioè è indipendente dai capricci dei processi che si svolgono in lui così come dalle imperfezioni dei processi che li scatenano.
Un uomo che non possiede il mondo che gli è proprio non può fare mai nulla di sua iniziativa: tutte le azioni “si fanno” dentro di lui. Solo l’uomo nella cui presenza generale si è formata in maniera autonoma e intenzionale la totalità dei fattori necessari al funzionamento di questo terzo mondo può disporre di una propria iniziativa per le sue manifestazioni e le sue percezioni.”
Veniamo ora a un esercizio che consiglia Gurdjieff: la ripetizione delle parole “Io sono”.
“Per una giusta comprensione del significato di questo primo “esercizio di assistenza” bisogna capire prima di tutto che quando un uomo normale – un uomo cioè che possiede già il proprio “Me”, la sua volontà e tutte le altre proprietà dell’uomo reale – pronuncia ad alta voce o dentro se stesso le parole “Io sono”, produce sempre nel suo plesso solare una “risonanza”, cioè una vibrazione, un sentimento o qualcosa di simile.
Questa “risonanza” può anche verificarsi in altre parti del corpo, ma a condizione che quando egli pronunci queste prole la sua attenzione sia intenzionalmente concentrata su di esse.
Un uomo comune, che non ha ancora acquisito i fattori necessari per questa risonanza naturale, ma che ne conosce l’esistenza e compie degli sforzi coscienti perché si formino in lui i veri fattori che fanno parte della presenza generale dell’uomo reale, se pronuncia spesso e correttamente queste parole, ancora vuote per lui di significato, e immagina che questa “risonanza” si verifichi in lui, può, alla lunga, dopo frequenti ripetizioni, conquistare l’innesco teorico per una possibilità di effettiva trasformazione in lui di questi fattori.
All’inizio, colui che si esercita in questo deve, quando pronuncia le parole “Io sono”, immaginare che questa risonanza si produca già nel suo plesso solare. Al principio è necessario pronunciare le parole “Io sono” molto spesso e allo stesso tempo bisogna non dimenticarsi mai di cercare di sentire questa risonanza nel plesso solare. Se non si sperimenta questa risonanza, anche solo nell’immaginazione, pronunciare ad alta voce o anche in se stessi le parole “Io sono” non rivestirà il minimo significato.”
Le ultime tre citazioni estratte da La vita reale (conosciuto anche come “La vita è reale solo quando io sono”, a proposito della citazione precedente) sono potenzialmente sconvolgenti.
Nella prima il maestro armeno riprende un concetto di cui aveva già parlato ne I racconti di Belzebù a suo nipote: le questioni umane, compresa anche la durata della vita, sono connesse a ciò che capita nel resto del pianeta, altre forme animali in primis… una lezione che dobbiamo ancora imparare a livello pratico, e che dovremo imparare anche a livello “sottile”.
“Così come l’esatto funzionamento di ogni organo, relativamente autonomo, dipende dall’esattezza del “tempo” di funzionamento dell’organismo intero, allo stesso modo l’esattezza della nostra vita dipende dalla esattezza della vita automatica di tutte le altre forme esteriori di vita che appaiono ed esistono contemporaneamente a noi sul pianeta.
Giacché il “tempo” generale di vita sulla terra, generato dalle leggi cosmiche, si compone della totalità dei ritmi di vita, sia della vita umana come di tutte le altre forme, ogni anomalia di tempo in una qualsivoglia delle forme di vita, o semplicemente la sua disarmonia, deve provocare inevitabilmente una anomalia o una disarmonia in un’altra forma di vita.”
La penultima citazione non è da meno, e anzi forse è “da più”. Gurdjieff rivela come, in un momento di illuminazione, comprese che l’uomo è davvero un Dio, proprio come avevano sempre suggerito le antiche tradizioni spirituali, cristianesimo compreso: un Dio in miniatura, che partecipa della divinità universale e anzi la influenza.
“Non è senza significato che fin dall’origine dell’umanità è stato detto e affermato da tutte le religioni che l’uomo, a differenza delle altre forme esteriori di vita animale, è stato creato da Dio a sua immagine.
“A sua immagine” vuol dire che, nella sua preveggenza, Egli ha dato alla nostra presenza generale una struttura che ha la stessa possibilità di inglobare e di manifestare le proprietà che Egli ha in se stesso.
Egli è Dio e di conseguenza anche io sono Dio.
La sola differenza tra Lui e me deve essere – e naturalmente è – una differenza di scala. Egli è il Dio di un mondo grande ed io devo essere, io stesso, il Dio di un mondo piccolo.
Egli è il Dio di tutte le presenze dell’Universo e di tutto il mondo esteriore.
Anche io sono Dio, ma di tutto il mio mondo interiore.
In tutto e per tutto abbiamo le stesse possibilità e le stesse impossibilità. Le stesse possibilità ed impossibilità che Egli ha nei riguardi della presenza intera dell’Universo, io le devo avere nei riguardi della presenza che mi è affidata. Quello che gli è possibile ed impossibile nel suo mondo grande a me deve essere possibile e impossibile nel mio mondo piccolo.”
Ultimo brano, questo meno originale: l’uomo ordinario deve morire, per poi risvegliarsi come uomo superiore.
“Dovete morire a tutto ciò che è la vita ordinaria.
È di questa morte, infatti, che parlano tutte le religioni.
Questo è il significato del detto che ci è giunto da tempi antichissimi: “Senza la morte nessuna resurrezione”.”
Abbiamo così terminato con La vita reale di Georges Ivanovitch Gurdjieff.
Ai prossimi articoli.
Fosco Del Nero
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