Titolo: Autobiografia di uno yogi – Audiobook.
Autore: Paramhansa Yogananda.
Argomenti: spiritualità.
Editore: Ananda Edizioni.
Anno: 2011.
Voto: 7.5.
Recensione: qui.
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Quando, ormai alcuni anni fa, lessi il classico della spiritualità di Paramhansa Yogananda Autobiografia di uno yogi non avevo ancora l’abitudine di scrivere a completamento della recensione un articolo di approfondimento con alcuni spunti del prodotto recensito.
Colgo dunque l’occasione dell’ascolto dell’audiolibro tratto proprio da Autobiografia di uno yogi per proporre qualcosa dell’immortale testo di Yogananda.
Il quale, peraltro, più che un testo di miglioramento personale è una biografia e al contempo un invito a dedicarsi alla propria crescita spirituale.
In esso, dunque, non vi si trovano tecniche o esercizi, bensì “solo” testimonianze e saggezza.
Come approfondimento ho dunque optato per un brano in cui l’autore ci parla del kriya yoga (da kriya, “forza”, e yoga, “unione”), emanazione del raja yoga (lo “yoga reale”) e cuore dell’insegnamento di Paramhansa Yogananda (e prima di lui di Sri Yukteswar, di Lahiri Mahasaya e del mitico Babaji).
Andiamo dunque a scoprire la natura del kriya yoga.
“La scienza del kriya yoga divenne ampiamente nota in India in epoca moderna ad opera di Lahiri Mahasaya, il guru del mio guru. La radice sanscrita del kriya è kry: fare, agire, reagire.
La stessa radice si trova nella parola karma, il principio naturale di causa e di effetto. Il kriya yoga pertanto è l’unione (yoga) con l’infinito attraverso attraverso una determinata azione o rito (kriya).
Lo yogi che segue fedelmente tale tecnica viene gradualmente liberato dal karma, la catena universale di causalità.
Per rispetto di alcuni antichi precetti yogici, non posso fornire una spiegazione completa del kriya yoga. La tecnica vera e propria deve essere appresa da un kriyaban, o kriya yogi.
In questa sede ci si dovrà limitare a cenni generali.
Il kriya yoga è un semplice metodo psicofiologico mediante il quale il sangue umano viene depurato dall’anidride carbonica e ricaricato di ossigeno. Gli atomi di quest’ossigeno supplementare vengono trasformati in corrente vitale per rigenerare il cervello e i centri spinali. Bloccando l’accumulo di sangue venoso, lo yogi è in grado di ridurre o prevenire la degenerazione dei tessuti; gli yogi progrediti tramutano le proprie cellule in pura energia.
Elia, Gesù, Kabir e altri profeti del passato furono maestri nell’uso del kriya o di una tecnica simile, grazie alla quale riuscivano volontariamente a smaterializzare il proprio corpo
Il kriya è una scienza antica. Lahiri Mahasaya la ricevette dal proprio guru, Babaji, che riscoprì e chiarì la tecnica dopo che era andata perduta nelle epoche oscure.
Il kriya yoga, che per tuo tramite mi accingo a trasmettere al mondo in questo diciannovesimo secolo, disse Babaji a Lahiri Mahasaya, è la stessa scienza rinata che Krishna trasmise ad Arjuna millenni orsono, e che in seguito fu nota a Patanjali, a Cristo, San Giovanni, San Paolo e altri discepoli.
Il kriya yoga viene menzionato da Krishna, sommo profeta dell’India, in un versetto della Bhagavad Gita. Offrendo il fiato dell’inspirazione nell’espirazione, il fiato dell’espirazione nell’inspirazione, lo yogi neutralizza entrambi questi respiri. Egli libera così la forza vitale dal cuore, e lo pone sotto il proprio controllo.
L’interpretazione è la seguente: lo yogi arresta il decadimento del corpo mediante un supplemento di forza vitale e arresta i mutamenti prodotti nel corpo dalla crescita mediante l’apana, la corrente eliminatoria.
In tal modo, acquietando il cuore, lo yogi neutralizza il decadimento e la crescita imparando a controllare la forza vitale.
Krishan riferisce inoltre che fu lui stesso in una precedente incarnazione a trasmettere lo yoga imperituro a un illuminato di epoca remota, Vivasvat, che lo passò a Manu, il grande legislatore. Questi, a sua volta istruì Ikshwaku, capostipite della dinastie dei Guerrieri Solari dell’India.
Tramandato così dall’uno all’altro, lo yoga reale fu custodito dai rishi fino all’avvento delle epoche materialistiche. Fu allora che, a causa del segreto sacerdotale e dell’indifferenza degli uomini, la sacra conoscenza divenne via via inaccessibile.
Il kriya yoga viene citato due volte dall’antico saggio Patanjali, il più autorevole esponente dello yoga, che scrisse: il kriya yoga consiste in disciplina fisica, controllo mentale e meditazione sull’aum.
Patanjali parla di Dio come del vero e proprio suono cosmico, dell’om, che si ode in stato di meditazione. L’om è il verbo creatore, il suono del motore vibratorio. Persino i principianti nella pratica dello yoga iniziano ben presto a percepire interiormente a percepire il suono meraviglioso dell’om.
Ricevendo questo beatifico incoraggiamento spirituale, il devoto è assicurato di essere effettivamente in contatto con le sfere divine.
Patanjali fa riferimento una seconda volta al controllo della forza vitale, o tecnica del kriya: la liberazione può essere raggiunta mediante quel pranayama che si consegue disgiungendo il corso dell’inspirazione e dell’espirazione. San Paolo conosceva il kriya yoga, o una tecnica assai simile, mediante la quale era in grado di dirigere le correnti vitali verso i sensi o allontanarle da essi. Ciò gli consentiva di affermare: io muoio ogni giorno.
Ritraendo ogni giorno la propria forza vitale corporea, egli la congiungeva mediante l’unione yogica con la gloria, eterna beatitudine della coscienza cristica. In tale stato di felicità perfetta egli era consapevole di essere morto all’illusorio mondo dei sensi di maya.
Negli stati iniziali di contatto con Dio, sabikalpa samadhi, la coscienza del devoto si fonde con lo spirito cosmico la sua forza vitale si ritrae dal corpo, che appare come morto, ossia immobile e rigido. Lo yogi è pienamente consapevole della propria condizione corporea di animazione sospesa. Progredendo fino a stati spirituali superiori, nirbikalpa samadhi, tuttavia egli entra in comunione con Dio senza fissità del corpo, e rimanendo nel proprio stato ordinario di veglia persino durante lo svolgimento di difficili compiti terreni.
Il kriya yoga è uno strumento con il quale si può accelerare l’evoluzione umana, spiegava Sri Yukteswar ai suoi allievi.
Gli yogi dell’antichità avevano scoperto che il segreto della coscienza cosmica è intimamente legato al dominio del respiro: è questo il contributo peculiare e imperituro dell’India al patrimonio di conoscenze dell’umanità. La forza vitale normalmente assorbita dalla funzione di alimentare la pompa cardiaca, deve essere liberata e destinata ad attività più elevate, grazie a un metodo per calmare e acquietare le incessanti esigenze del respiro.
Il kriya yogi dirige mentalmente la propria energia vitale facendola ruotare, verso l’alto e verso il basso, attorno ai sei centri spinali, i plessi midollare, cervicale, dorsale, lombare, sacrale e coccigeo, che corrispondono ai dodici segni astrali dello zodiaco, il simbolico uomo cosmico.
Mezzo minuto di rivoluzione dell’energia attorno al sensibile midollo spinale dell’essere umano determina progressi sottili nella sua evoluzione. Quel mezzo minuto di kriya equivale a un anno di evoluzione spirituale naturale.
Il sistema astrale dell’essere umano, che comprende sei costellazioni interiori (dodici a causa della polarità) che ruotano intorno al sole dell’occhio spirituale onnisciente, è interrelato con il sole fisico e con i dodici segni zodiacali.
Tutti gli esseri umani sono dunque influenzati da un universo interiore e da uno esterno. Gli antichi rishi scoprirono che sia l’ambiente terrano sia quello celeste sospingono l’uomo in cicli di 12 anni lungo il suo percorso naturale. Le scritture affermano che all’essere umano occorre un milione di anni di evoluzione normale prima di infermità per perfezionare sufficientemente il proprio cervello così da potere esprimere la coscienza cosmica.
1.000 kriya praticati in otto ore danno allo yogi in un sol giorno l’equivalente di mile anni di evoluzione naturale. 365.000 anni di evoluzione in un anno. In 3 anni un kriya yogi può pertanto ottenere con il proprio impegno intelligente lo stesso risultato che la natura consente di raggiungere in un milione di anni.
La scorciatoia del kriya ovviamente può essere presa soltanto da yogi profondamente evoluti, con la guida di un guru tali yogi hanno preparato accuratamente il corpo e il cervello ad accogliere la potenza generata da una pratica tanto intensa. Il principiante del kriya esegue il suo esercizio yogico soltanto da 14 a 28 volte, due volte al giorno.
Alcuni yogi raggiungono l’emancipazione in 6, 12, 24 o 48 anni. Lo yogi che muore prima di aver conseguito la piena realizzazione porta con sé il buon karma del suo precedente impegno nel kriya: nella sua nuova vita, egli sarà armoniosamente sospinto verso la sua meta infinita.
Il corpo dell’uomo medio è come una lampadina di 50 watt, che non può sostenere i miliardi di watt di potenza generati da una pratica eccessiva del kriya. Attraverso l’incremento graduale e regolare dei metodi del kriya, semplici e alla portata di tutti, il corpo umano viene trasformato a livello astrale, giorno dopo giorno, ed è infine idoneo a esprimere le infinite potenzialità dell’energia cosmica, la prima espressione dello spirito attiva sul piano materiale.
Il kriya yoga non ha nulla in comune con gli esercizi di respirazione non scientifici insegnati da molti fanatici disinformati. I loro tentativi di trattenere forzatamente il respiro nei polmoni non sono soltanto innaturali, ma anche decisamente spiacevoli.
Il kriya viceversa è accompagnato fin dall’inizio da un grande senso di pace, e da sensazioni calmanti, che hanno un effetto rigenerante nella spina dorsale.
L’antica tecnica yogica converte il respiro-mente. Per effetto dell’evoluzione spirituale si giunge a comprendere come il respiro sia un atto della mente: un respiro di sogno.
E con Autobiografia di uno yogi di Paramhansa Yogananda, in versione audiolibro, ho terminato.
Sperando che l’articolo vi sia risultato gradito e utile, vi saluto.
Fosco Del Nero
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