Titolo: Eros e agape.
Autore: Igor Sibaldi.
Argomenti: spiritualità.
Editore: L’arte di essere edizioni.
Anno: 2013.
Voto: 6.
Recensione: qui.
Dove lo trovi: Macrolibrarsi, Giardino dei libri, Amazon.
Ecco l’articolo di approfondimento dedicato a Eros e agape, libriccino scritto da Igor Sibaldi.
Come sempre, prendiamo in esame alcune citazioni tratte dall’opera in questione, sia con fini di apprendimento, sia per capire se il libro fa o meno al caso proprio.
Le citazioni in questione non sono molte, ma in compenso sono discretamente lunghe, anche per via della natura discorsiva del testo, in effetti la messa su carta di una conferenza dal vivo.
Nella prima citazione si intravede subito il garbato umorismo di Sibaldi, che, parlando di convinzioni e dell’umanità, ecco come descrive la situazione attuale.
“Pensateci: se voi foste appena arrivati da Sirio, o da Alpha Centauri, o semplicemente da un lontano futuro, e raccoglieste informazioni su quello che gli occidentali pensano di Dio, cosa ne direste?
“Ma perché si rovinano così la vita, questi qua? Convincendosi che c’è uno che si arrabbia se da bambini si toccano. Credendo che c’è uno che continua a fare tante storie per quella mela…”
E tornereste su Aplha Centauri, o nel futuro, perché sulla Terra tira un’aria strana.”
Ancora sulle convinzioni, argomento trasversale al discorso… e ancora quell’umorismo sottile e garbato che tanto ci piace.
“Credetemi, prima si comincia a chiarire e a liberarsi delle ossessioni, e meglio è, anche perché le ossessioni sono molto contagiose. Se vai con lo zoppo, impari a zoppicare, se vai con l’ossessivo impari ad ossessionarti.
Non è ancora ben chiaro perché gli occidentali si siano convinti che le malattie abbiano questa caratteristica del contagio, e abbiano poi argomentato questa convinzione con tutto il loro modo occidentale di intendere la biologia (con le teorie scientifiche, si sa, puoi dimostrare qualsiasi cosa: pensate, qualche anno fa ci dimostravano scientificamente che l’alcool è un disinfettante, e poi si è visto che non è vero).
Mi chiedo: come mai, se in treno sei seduto accanto a uno con l’influenza, c’è una buona probabilità che due giorni dopo l’influenza ce l’abbia anche tu, invece se stai seduto accanto a un centometrista non è che poi scendi dal treno e scatti via rapidissimo?
Comunque sia, la nostra mente funziona ancora così: è sicura che le malattie siano contagiose, e perciò, oggi come oggi, va a finire che lo sono davvero.
E le ossessioni sono malattie, dunque è bene stare in guardia dalle ossessioni, come dall’influenza.”
Continuiamo con la serie: se l’umorismo sottile rimane, stavolta l’argomento cambia, e si indirizza verso il matrimonio e verso l’etimologia del termine.
“Tutti sapete che ci sono tante sciagure nella vita, la guerra, i terremoti, le inondazioni… ma queste sciagure colpiscono alcuni, e altri no.
Il matrimonio, invece, ci ha colpiti tutti quanti, o direttamente perché ci siamo sposati noi, o indirettamente perché abbiamo avuto a che fare con il matrimonio dei nostri genitori, o dei nonni, o degli amici, o dell’amante.
Dico sul serio. Vi siete mai chiesti che cosa significa questa parola? E quale rapporto c’è tra le parole matri-monio e patri-monio? E merci-monio?
Il suffisso monium in latino significa “ciò che ti trasforma in qualcosa di diverso da quello che sei”. Se faccio mercimonio di te, è perché ti trasformo in merce: ti vendo, cioè stabilisco il tuo prezzo e ti metto sul mercato.
Patri-monio è ciò che trasforma una persona in un capofamiglia: ovvero i soldi di cui dispone, dato che senza soldi uno non può fare il capofamiglia.
E matrimonio è quell’operazione per cui una donna libera, che ha tanto futuro dinanzi a sé, viene presa, portata in un posto (una chiesa o un comune) e avviata a diventare madre, cioè a identificarsi in un ruolo che dovrà svolgere per tutta la vita 24 ore su 24.
Per forza il matrimonio causa un sacco di problemi…
In francese sarebbe diverso: mariage deriva dalla parola “mas”, maschio. Mariage è l’atto con cui una donna trova un maschio suo. Che diversissima cultura! Nella cultura in cui siamo nati noi, invece, il sesso viene usato nel matrimonio per produrre madri… e notate bene, tra le altre cose, che ciò va contro un comandamento importante della Bibbia, quello che è tradotto di solito con “non fornicare”. Se lo si legge in ebraico antico, questo comandamento (bellissimo) significa “non usare il sesso per altri scopi”.
Cioè: non usare il sesso per la carriera, non usare il sesso come potere. Perché? Perché il sesso è un modo importante di scoprire te stesso, è di per sé sacro, è di per sé un sacramento della conoscenza, e non va sprecato trasformandolo in strumento di qualcos’altro.”
Nella successiva citazione vi è un altro cambio repentino di argomento (ma la sottile ironia rimane sempre): ci dirigiamo ora all’ormai famigerato Kali Yuga, riguardo al quale Sibaldi ci dice una cosa interessante e ci fornisce un valido esempio.
“Avrete certamente sentito parlare del Kali Yuga, e saprete che il Kali Yuga è adesso, ed è una cosa bruttissima, individuata dagli indiani qualche millennio fa: è un periodo in cui tutto va storto e non c’è alternativa.
Prima c’era l’Età del Bronzo, che era così così ma comunque sempre meglio di adesso; prima ancora c’era l’Età dell’Argento, dove si stava veramente bene; e prima ancora c’era l’Età dell’Oro, che era una cosa straordinaria. Solo che gli indiani aveva avvertito, nel tremila o quattromila avanti Cristo: “Comincia il Kali Yuga, e va bé, che ci vuoi fare. Tuttavia, le crescita spirituali, mentali e culturali che nell’Età dell’Argento richiedono un anno di tempo per attuarsi, nell’Età del Bronzo richiedono un mese, e nel Kali Yuga richiedono un giorno soltanto”.
Perché si cresce più in fretta nel Kali Yuga? Perché non ti importa più niente di quello che hanno da dirti gli altri. Sono in decadenza, gli altri; e tu, se cresci, non lo sei.
Ti senti un po’ solo, certo; ma vai più veloce. Per esempio: se avessi avuto la sfortuna di nascere a New York negli anni “30 e di vivere lì negli anni “50, “60, “70, quando New York era una vivacissima capitale mondiale della cultura – una specie di ora di ricreazione del Kaly Yuga – avresti fatto molta più fatica a crescere per conto tuo. Sì, avresti partecipato ad ambienti intellettuali meravigliosi, avresti letto tantissimo e con grande piacere, avresti visto dei film splendidi, avresti visto formarsi e crescere una cultura che ha irradiato tutto quanto il mondo. Ma avresti perso tante occasioni di scoprire te stesso: avresti magari avuto bisogno, come Castaneda, di andare in Messico da Don Juan, e di rovinarti il fegato con il peyote.
Invece – pensa che bello! – hai avuto la fortuna di nascere in Italia, adesso, cioè in uno dei posti più sventurati dell’Occidente e in uno dei suoi momenti peggiori.”
Ultimo capitolo, in cui abbiamo stavolta una citazione breve, che poi concerne un concetto su cui Sibaldi insiste spesso: il prendere e partire, il diventare diversi da ciò che si è ora. Il cammino personale, in pratica.
“Per trovare te stesso in tutta la tua pienezza devi andare lontanissimo.
Lontano da cosa?
Da quello che sei già, e che qui accetti, e che qui ti ha spaccato, mutilato.
Lontano da quello che ti hanno detto mamma e papà, cioè da quello che tanti prima di te ritenevano verissimo, importantissimo.”
E così abbiamo terminato l’approfondimento dedicato a Eros e agape di Igor Sibaldi.
A presto e buone cose a tutti.
Fosco Del Nero
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