Titolo: Esegesi 1.
Autore: Igor Sibaldi.
Argomenti: esistenza, religione.
Editore: Anima Edizioni.
Anno: 2008.
Voto: 6.5.
Recensione: qui.
Dove lo trovi: Macrolibrarsi, Giardino dei libri, Amazon.
Bentrovati a questo ennesimo articolo di approfondimento, stavolta dedicato al video di Igor Sibaldi Esegesi (il primo della serie di quattro).
Come ormai da schema classico, vediamo alcune citazioni estrapolate dal video (un paio anche dal libriccino di accompagnamento), introdotte da un mio “titolo” sul tema.
Prima citazione: Sibaldi ci invita ad approcciarci ai testi sacri (e personalmente aggiungo: più Vangeli che Bibbia) ponendoci sempre una domanda… una domanda non da poco.
“Il modo migliore per leggere la Bibbia e i Vangeli è domandarsi sempre, a ogni frase, “Cosa c’entro io? In che cosa riguarda me, adesso, quello che sto leggendo?”.
Secondo brano proposto: una curiosa analogia tra Gesù, Mosè e Zeus. In tutti e tre i casi, il bambino appena nato voleva essere distrutto dall’autorità in questione.
“Gesù scampa alla strage degli innocenti: Erode vuole uccidere tutti quanti i bambini appena nati perché ha paura che un bambino minaccio il suo potere. E Gesù scampa.
Era già avvenuto questo: Mosè aveva avuto la stessa storia. Quando era nato Mosè, il faraone aveva dato l’ordine di uccidere tutti quanti i neonati ebrei. E lui scampa.
È capitato, questo, anche nella religione greca: il padre di Zeus, Crono, divorava tutti i suoi figli appena nati. Li assimilava, non permetteva che il nuovo prendesse forma. Zeus è il bambino che riesce a sfuggire a questa assimilazione, e cambia tutto.
Tre bambini che si salvano, Zeus, Mosè e Gesù, e cambiano il mondo.
Cosa vuol dire per ciascuno di noi?
Vuol dire che per cambiare il mondo bisogna trovare e salvare quella parte di noi bambina che tutti quanti gli adulti, da sempre, hanno voluto sopprimere.
Se noi riusciamo a trovarla, abbiamo la stessa storia di Zeus, di Mosè e di Gesù: cominciamo a cambiare il mondo.
Se il bambino si salva.”
Andiamo avanti con una frase lampo sull’illuminazione e sul bisogno di ricevere iniziazioni o certificazioni “umane” di qualche tipo.
“Ogni individuo che viene al mondo è già illuminato, fin dalla nascita, dalla luce della Verità.
Senza bisogno di nessun rituale, di battesimo o altro.”
Parliamo adesso di un tabù curioso, una sorta di velo obnubilante, che circonda i testi sacri della religione cristiana, un fattore al quale chiunque sia dotato di vista chiara ha già notato per conto suo.
“Le Sacre Scritture sono un argomento molto delicato e spiacevole per la maggior parte delle persone, perché quasi su ogni pagina della Bibbia e dei Vangeli pesa un potente tabù. Tabù nel senso più psicologico del termine, e cioè: divieto che non ha alcun fondamento oggettivo… che insomma c’è, ma non si sa perché ci sia, e nessuno se lo domanda.
È un divieto di capire, ed è talmente oscuro e profondo (uno psicanalista lo definirebbe “inconscio”) che molti lo subiscono senza nemmeno rendersene conto.
Per esempio, leggono nel Vangelo “Io vi dico di non giurare mai” (Matteo, 5, 34), e qualcosa impedisce loro di accorgersi che queste parole mettono in guardia dal fare giuramenti, e dunque dallo scegliere professioni nelle quali si giura: il militare, il ministro, il sacerdote; e anche dal trovarsi in situazioni in cui si giura qualcosa a qualcuno, come il matrimonio.
Oppure leggono nella Bibbia “Onora il padre e la madre” (Esodo, 20,12) e non colgono la parola “onora”: qualcosa li spinge a pensare che quel comandamento raccomandi di amare il padre e la madre, o di obbedire al padre e alla madre, il che, qui, non viene detto affatto.
Questo tabù si pone da molti secoli, e sempre uguale, tra il testo delle Sacre Scritture e la mente di chi potrebbe leggerle. Come tutti i tabù, serve a difendere una convinzione, a tenerla al riparo da ciò che la smentisce. E, come tutti i tabù, anche questo suscita aggressività contro chiunque lo violi.
Perciò, a voler parlare della Bibbia e dei Vangeli, o ci si impone quel tabù e si diventa aggressivi, oppure ci si libera da quel tabù e ci si attira l’aggressività di chi lo subisce.”
Stiamo per concludere.
La penultima citazione proposta ci spiega perché i testi antichi hanno ancora una ragione d’essere. Siamo all’interno del principio di perfezione.
“Tra le opere umane, nulla è più fragile e indifeso di un libro, di un racconto, di una serie coerente di significati: un testo e il suo senso possono sparire dalla memoria in molto meno d’una generazione.
Se invece le Scritture sono giunte fino a noi e le possiamo ancora comprendere è perché avevano e hanno ancora da dirci cose estremamente importanti.
E se queste cose sono tanto importanti da aver permesso tale sopravvivenza, vuol dire che non le abbiamo ancora capite… perché, se così fosse, le avremmo tranquillamente superate e dimenticate.
Ma se non le abbiamo ancora capite, vuol dire che non ci siamo ancora evoluti abbastanza da poterle capire.”
E veniamo ora all’ultimo brano inserito in questo articolo. In esso si parla del credere in qualcosa come statuizione dogmatica, e di quanto ciò ostacoli il progresso interiore della persona.
“Il verbo “credere” mi ha sempre suscitato notevoli perplessità.
Inevitabilmente, “credere” (nell’accezione religiosa del termine) qualcosa significa decidere di aver ragione in qualcosa, o perlomeno decidere che abbiano ragione quelle autorità religiose alle quali si crede.
Ma, inevitabilmente, ciò implica la decisione che le altre autorità religiose, alle quali credono altri milioni di persone, abbiano torto. Dunque, “credere” (nell’accezione religiosa del termine) vuol dire dare sempre torto a moltissime persone.
Questo non mi piace per due ragioni.
Innanzi tutto, il “credere” così inteso diventa un modo di dividere l’umanità in giusti e sbagliati, in buoni e cattivi, in “noialtri” e “nemici”. Il che è facilmente manipolabile da centri di potere i cui scopi non hanno nulla a che vedere con la verità.
In secondo luogo, in qualsiasi crescita interiore il decidere di avere ragione è soltanto un ostacolo. Decidere di aver ragione su un determinato argomento significa accontentarsi di ciò che già si sa di quell’argomento, e dunque smettere di indagare oltre, e dunque chiudersi alla scoperta della verità.”
E così abbiamo terminato col video Esegesi 1 di Igor Sibaldi.
Alla prossima occasione e buone cose a tutti.
Fosco Del Nero
- Se anche tu vuoi vivere una vita fantastica, iscriviti alla newsletter!
0 commenti