Titolo: Forme tradizionali e cicli cosmici (Formes traditionelles et cycles cosmiques).
Autore: René Guénon.
Argomenti: esoterismo.
Editore: Edizioni Mediterranee.
Anno: 1929-49.
Voto: 6.
Recensione: qui.
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L’approfondimento di oggi è dedicato al libro di René Guénon Forme tradizionali e cicli cosmici, libro relativamente breve pieno di concetti ma assai avaro di insegnamenti esistenziali.
Farò dunque buon viso a cattivo gioco proponendo quel che c’è, il quale ha comunque un suo interesse per via della grandissima erudizione dell’esoterista francese.
La prima citazione, breve, introduce, seppur in modo semplicissimo, la visione ampia dell’autore… dell’autore e di qualsiasi persona di buon senso, occorre aggiungere.
“Il ritenere la storia dell’uomo come isolata in qualche modo da tutto il resto è un’idea esclusivamente moderna, in netta opposizione con l’insegnamento di tutte le tradizioni, che, al contrario, sono unanimi nell’affermare l’esistenza di una correlazione necessaria e costante tra l’ordine cosmico e quello umano.”
La seconda citazione, anch’essa breve e anzi di più, certifica la vera essenza dell’alchimia: una scienza interiore e non esteriore.
“La vera alchimia è d’ordine spirituale e non materiale, ciò che è l’esatta verità, una verità troppo spesso misconosciuta o ignorata dai moderni che hanno la pretesa di trattare tali questioni.”
Terzo brano proposto da Forme tradizionali e cicli cosmici: esso sottolinea l’uguaglianza tra alto e basso, tra grande e piccolo.
“Come è detto nelle Rasail ikhwan es-safa, “il mondo è un uomo di grandi dimensioni, l’uomo è un mondo di piccole dimensioni”.
D’altronde, in virtù di tale corrispondenza, una certa realizzazione d’ordine microcosmico potrà comportare, come conseguenza accidentale per l’essere che vi è pervenuto, una realizzazione esteriore riferentesi all’ordine macrocosmico, senza che quest’ultima sia stata perseguita di per sé stessa.”
Passiamo ora a temi più impegnativi e citazioni più lunghe, che poi son più rappresentativi dello stile libro: leggiamo ora un pezzo su gloria, pace, Dio e Spirito Santo.
“Vi è, nella tradizione cristiana, una frase che designa con la massima chiarezza possibile i due aspetti di cui si tratta: “Gloria in excelsis Deo, ed in terra Pax hominibus bonae voluntatis”.
Le parole “Gloria” e “Pax” si riferiscono rispettivamente all’aspetto interno, in rapporto al Principio, ed a quello esterno, in rapporto al mondo manifestato; e se si considerano in tal modo queste due parole, si comprenderà immediatamente perché vengono pronunciate dagli Angeli per annunciare la nascita del “Dio con noi” o “Dio in noi” (Emmanuel).
Si potrebbe anche, per il primo aspetto, ricordare la teoria dei teologi circa la “Luce di Gloria” nella quale e per la quale si opera la visione beatifica (“in excelsis”); e, per il secondo, diremo ancora che la “Pace”, nel senso esoterico, è indicata dappertutto come l’attributo spirituale dei centri spirituali stabiliti in questo mondo (terra).
D’altronde, il termine arabo “sakinah”, manifestamente identico a quello ebraico, si traduce con “Grande Pace”, che è l’esatto equivalente della Pax Profunda dei Rosa-Croce e, per questa via, si potrebbe senza dubbio spiegare che cosa questi intendevano per “Tempio dello Spirito Santo”.”
Veniamo adesso a quello che forse è l’unico indirizzo-suggerimento evolutivo concreto presente nel libro: evitare il sangue e la carne degli animali (cosa peraltro ben nota nella Scienza Iniziatica).
“Lo stato sottile, nella tradizione indù, è denominato “tajasa”, per analogia con “tejas” che è l’elemento igneo; e come il fuoco, quanto alle sue qualità peculiari è polarizzato in luce e calore, così lo stato sottile è vincolato allo stato corporeo in due modi diversi e complementari: per mezzo del sangue, quanto alla qualità calorica, del sistema nervoso, quanto alla qualità luminosa.
Infatti, anche dal semplice punto di vista fisiologico, il sangue è il veicolo del calore portatore di vita, e questo spiega la corrispondenza, da noi testé indicata, del temperamento sanguigno con l’elemento fuoco.
D’altra parte, si può dire che, nel fuoco, la luce rappresenta l’aspetto superiore, e il calore l’aspetto inferiore: la tradizione islamica insegna che gli angeli furono creati dal “fuoco divino” (o dalla “luce divina”), e che coloro i quali si ribellarono con Iblis-Lucifero perdettero la luminosità della loro natura, per conservarne soltanto un oscuro calore.
Per conseguenza, si può dire che il sangue è il rapporto diretto con l’aspetto inferiore dello stato sottile; da ciò deriva il divieto di cibarsi del sangue, la sua assimilazione con quanto vi è di più spesso nella vitalità animale e che, mescolandosi intimamente agli elementi psichici dell’uomo, può effettivamente dar luogo a gravissime conseguenze.
Di là anche l’uso frequente del sangue nelle pratiche di magia e anche di stregoneria, in quanto capace di attrarre le entità infernali, per conformità di natura.”
Concludiamo in bellezza l’approfondimento del libro di René Guénon con un brano piuttosto lungo che mostra alcuni collegamenti tra culture-religioni-tradizioni antiche, cosa che suggerisce con inevitabilità il riferirsi a un’unica, precedente, civiltà tradizionale: parliamo di Ermete, Thoth, Mercurio, Buddha, Odino e Quetzalcohatl.
“L’Ermete greco presenta delle caratteristiche che si esprimono nel suo principale attributo, il caduceo; per il momento, basti dire che tale simbolismo si riferisce direttamente ed essenzialmente a quella che si può chiamare “alchimia umana”, e che concerne le possibilità dello stato sottile, anche se esse devono essere viste soltanto come strumento preparatorio per una superiore realizzazione, come avviene, nella tradizione indù, per le pratiche equivalenti che rientrano nell’hatha yoga. Si potrà d’altronde trasferire tutto ciò all’ordine cosmico, poiché ciò che è nell’uomo è corrispondentemente nel mondo, e viceversa; qui poi, in virtù di questa stessa corrispondenza, si tratterà propriamente del “mondo intermedio”, in cui sono liberate forze la cui natura duale è rappresentata molto chiaramente dai due serpenti del caduceo. A questo proposito, sarà opportuno ricordare che l’Ermete è raffigurato come il messaggero degli Dei e come il loro interprete, ruolo che è quello di un intermediario fra i mondi celeste e terrestre, con la funzione ulteriore di “conduttore delle anime”, che, in un ordine inferiore, si riferisce manifestamente al dominio delle possibilità sottili.
Qualcuno forse potrebbe obiettare, trattandosi di ermetismo, che qui Ermete sta per il Thoth egizio, al quale è stato assimilato, e che Thoth rappresenta propriamente la Saggezza, riferita al sacerdozio, quale custode e continuatore della tradizione; questo è vero ma, poiché tale identificazione non ha potuto esser fatta senza ragione, bisogna riconoscere che in ciò si deve ravvisare più specialmente un certo aspetto di Thoth, corrispondente ad una certa parte della tradizione, quella cioè comprendente le conoscenze relative al “mondo intermedio”. Infatti, tutto quanto si può sapere dell’antica civiltà egizia, stando alle vestigia che ha lasciato, mostra appunto che le conoscenze di quest’ordine vi erano molto più sviluppate e rivestivano un’importanza ben più considerevole che altrove.
Del resto, vi è un altro accostamento, si potrebbe dire un’altra equivalenza, che dimostra come questa obiezione sarebbe senza portata reale: in India, il pianeta Mercurio (o Ermete) è denominato Buddha, parola la cui radice significa propriamente la Saggezza; anche in questo caso, è sufficiente determinare l’ordine in cui questa Saggezza, che nella sua essenza è il principio ispiratore di ogni conoscenza, deve trovare la sua applicazione più particolare, quando essa è rapportata a questa funzione specializzata.
A proposito del nome Buddha, c’è poi un fatto curioso da segnalare: esso in realtà è identico a quello dello scandinavo Odino, Woden o Wotan; i Romani dunque non assimilarono arbitrariamente quest’ultimo al loro Mercurio, e d’altronde, nelle lingue germaniche, il mercoledì, o giorno di Mercurio, è ancora oggi designato come il giorno di Odino. Forse ancor più degno di nota è il fatto che questo stesso nome si ritrova esattamente nel Votan delle antiche tradizioni dell’America centrale; questo del resto ha i medesimi attributi di Ermete: infatti è Quetzalcohatl, l’“uccello serpente”, e l’unione di questi due animali simbolici (corrispondenti rispettivamente ai due elementi aria e fuoco) viene rappresentata anche dalle ali e dalle serpi del caduceo.
Bisognerebbe essere ciechi per non vedere in fatti del genere un segno dell’unità di fondo di tutte le dottrine tradizionali; purtroppo, una tal cecità è fin troppo comune nella nostra epoca, in cui coloro che sanno davvero comprendere i simboli non sono che un’infima minoranza e in cui, al contrario, troppi sono i profani che si ritengono qualificati per interpretare la “scienza sacra”, che essi adattano al capriccio della loro immaginazione più o meno disordinata.”
E con questo brano piuttosto lungo abbiamo terminato l’approfondimento di Forme tradizionali e cicli cosmici di René Guénon.
Al prossimo articolo.
Fosco Del Nero
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