Autore: Bhaktivedanta Swami Prabhupada.
Argomenti: spiritualità, induismo, religione.
Editore: The Bhaktivedanta Book Trust.
Anno: 2013.
Voto: 7.
Recensione: qui.
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La mole di materiale presente ne La Bhagavad Gita così com’è è enorme, soprattutto per i contenuti della Gita, per quanto in molti punti alterati dalla traduzione volutamente errata del compilatore, atta a portare acqua al mulino della sua interpretazione religiosa, ma anche per il commentario di Bhaktivedanta Swami Prabhupada, che, per quanto in tanti casi poco limpido, in molti altri offre spunti validissimi.
Ho scelto comunque di proporre solamente brani della Bhagavad Gita al fine di redigere un approfondimento di alto livello. In tal senso, potrò tranquillamente andare a pescare a caso nella moltitudine, giacché il livello evolutivo è in ogni caso altissimo.
La prima citazione identifica subito il problema di fondo: l’attrazione per i sensi e le cose dei sensi, che distrae dalla ricerca interiore.
“Chi è in grado di ritrarre i sensi dai loro oggetti, come una tartaruga ritrae le membra all’interno della corazza, è fermamente stabilito nella perfetta conoscenza.”
Il desiderio per gli oggetti dei sensi è il problema dei problemi, da cui derivano poi tutti gli squilibri psichici.
“Contemplando gli oggetti dei sensi nasce l’attaccamento, dall’attaccamento nasce la cupidigia e dalla cupidigia la collera. Dalla collera nasce l’illusione e dall’illusione la confusione della memoria.
Quando la memoria è confusa, l’intelligenza è persa e allora si cade di nuovo nella palude dell’esistenza materiale.”
L’attaccamento è da evitare, dunque… ma anche l’avversione: se ci si situa in uno degli estremi della banda energetica, la padronanza della materia è impossibile.
“Non ci si deve lasciar dominare né dall’attaccamento né dall’avversione, perché sono ostacoli su sentiero della realizzazione spirituale.”
A proposito di attaccamenti, Krishna è molto chiaro: non val la pena prendersela per niente: tutto passa, e l’uomo saggio non si attacca a niente.
“Ti affliggi per qualcosa per cui non vale la pena.
I saggi non piangono né i vivi né i morti.”
Ancora sui turbamenti interiori: le dualità fenomeniche vanno evitate, mentre occorre sistemarsi ben forti nel centro.
“Chi non si lascia turbare né dalla gioia né dal dolore, ma rimane impassibile in entrambe le circostanze, è certamente degno della liberazione.”
Nel brano successivo della Bhagavad Gita Krishna spiega quali sono le due vie maestre per realizzare il Sé: una è quella più mentale della conoscenza, l’altra è quella più emotiva della devozione.
“O Arjuna, ho già spiegato che nel mondo due sono le categorie di persone che cercano di realizzare il sé.
Alcune sono inclini a arrivarci con la conoscenza, altre con la devozione.”
Segue una promessa non di poco conto… che è molto simile a una promessa fatta da Gesù.
“Lo yogi che con una fede costante dimora sempre in me, medita su di me e mi serve con amore è il più grande di tutti e il più intimamente unito a me.”
A proposito degli insegnamenti di Gesù dei Vangeli, passiamo alla reincarnazione.
“Come l’anima incarnata passa, in questo corpo, dall’infanzia alla giovinezza e poi alla vecchiaia, così l’anima passa in un altro corpo all’istante della morte. La persona riflessiva non è turbata da questo cambiamento.”
Ancora sulla reincarnazione e l’utilizzo del veicolo-corpo fisico.
“Come s’indossa un abito nuovo dopo aver asciato quello usato, così l’anima si riveste di un nuovo corpo dopo aver abbandonato quello vecchio e ormai inutile.”
Detto del ciclo della morte e della rinascita, veniamo a un insegnamento fondamentale: il momento della morte è il più importante della propria esistenza, giacché determina tutto quel che seguirà: la vita oltre la vita, e la futura incarnazione nella materia.
“Lo stato di coscienza di cui si conserva il ricordo all’istante di lasciare il corpo determina la condizione di esistenza futura.”
Se il corpo è perituro, non è così per l’anima, che è eterna.
“Sappi che ciò che pervade il corpo è indistruttibile.
Nessuno può distruggere l’anima eterna.”
In conclusione, ne approfitto per proporre due citazioni che a molti parranno particolari, ma che sono assai rivelatrici. Nella prima, il testo sacro indù certifica che esistono i deva, entità spirituali intermedie presso cui è possibile intercedere, offrendo sacrifici, allo scopo di ottenere vantaggi materiali. Naturalmente, tale entità sono di vario livello, più benigno o più maligno.
“Soddisfatti dai vostri sacrifici, i deva a loro volta vi soddisferanno e da questi scambi reciproci nascerà per tutti la prosperità. Appagati dal compimenti di questi sacrifici, i deva incaricati di fornire le necessità della vita provvederanno a tutte le vostre esigenze, ma chi fruisce di questi doni senza offrire loro niente in cambio è certamente un ladro.”
Non a caso, vien detto anche che “Le persone ispirate dalla virtù rendono culto ai deva, quelle dominate dalla passione ai demoni e quelle avvolte dall’ignoranza ai fantasmi e ad altri spiriti”.
Nella seconda e ultima, Krishna afferma senza mezzi termini che quando la spiritualità decade, e gli animi si corrompono, si corrompe anche la donna, la quale genera come conseguenza una prole degenerata… non è un concetto da poco.
“Quando nella famiglia predomina l’irreligione, le donne si corrompono e dalla loro degradazione nasce una prole indesiderata.”
L’approfondimento de La Bhagavad Gita così com’è, traduzione e commentario di Bhaktivedanta Swami Prabhupada, è così terminato.
Fosco Del Nero
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