Titolo: La medicina del futuro.
Autore Giorgio Mambretti.
Argomenti: medicina, salute.
Editore: Infinito Editori.
Anno: 2011.
Voto: 7.5.
Recensione: qui.
Dove lo trovi: Macrolibrarsi, Giardino dei libri, Amazon.
Ed eccoci come sempre arrivati all’appuntamento con gli approfondimenti dei libri di miglioramento personale.
Sotto i riflettori stavolta c’è La medicina del futuro di Giorgio Mambretti, libro che tratta chiaramente l’argomento medico-salutistico, ma che contiene anche importanti elementi di apertura mentale e di attenzione all’essere umano da un punto di vista onnicomprensivo: siamo dunque non solo in ambito benessere personale, ma anche crescita personale.
Ad ogni modo, andiamo a leggere un paio di spunti da La medicina del futuro che ho selezionato per voi amici lettori.
Cominciamo con una riflessione-sfogo sul rapporto tra paziente e dottore e la mentalità dominante in ambito medico.
“Raccolgo la sfida e cercherò di mostrarvi “l’altra faccia della medaglia”, la realtà nascosta; racconterò una storia che vi sembrerà incredibile, senza senso, completamente all’opposto di tutto quanto vi è stato inculcato fino ad oggi, contraria alle vostre convinzioni e alle vostre credenze.. e alle mie di tanti anni fa. Eppure, a forza di batter il naso e di ascoltare storie di umana sofferenza, sono stato costretto, mio malgrado, a soccombere all’evidenza e ribaltare la mia visione di quella che pensavo essere la realtà. Il mondo capovolto è diventato il mio credo e il modo di interpretare gli accadimenti quotidiani, non solo miei ma di tutte le persone con cui entro in relazione, è ora la mia ‘droga’.
Incontrando qualcuno, non posso fare a meno di osservare i suoi tratti, i colori dei vestiti che indossa, gli anelli che porta, cosicché, con un solo sguardo superficiale, riesco spesso a farmi un’idea del suo carattere, dei suoi problemi, delle sue sofferenze. All’inizio non mi facevo scrupoli a esternare le mie deduzioni ma poi, dopo aver perso molti amici, mi sono rintanato nel mio guscio e non scucio parola se non dietro reiterate insistenze: la gente non vuole sentirsi dire perché soffre, non ama ascoltare le parole che l’obbligano a riflettere, a prendere coscienza dei suoi malesseri, ma cerca la bacchetta magica o la pillola miracolosa. O dite ciò che vuol sentire o è meglio ‘fare gli inglesi’: parlare del tempo!
Così il mondo continua nella sua beata ignoranza, nel suo torpore, nel suo sogno illusorio e molte persone non sia accorgono di lasciare che la vita scivoli su un binario che non hanno scelto. Continuano testarde nel loro tran tran e, se poi qualcosa va male, beh, c’è sempre il medico!
Qui casca l’asino: veramente pensate che i dottori abbiano le chiavi della vostra guarigione, dal momento che sembrano ignorare la realtà profonda della malattia? Certo, conoscono molte nozioni, sanno a che cosa serve un cuore, uno stomaco, un piede, conoscono i valori di tutti gli esami possibili e immaginabili e si affannano a cercare il colpevole, il microbo, il virus responsabile di tutte le malefatte e, quando non lo trovano, ricorrono all’ereditarietà. Eppure certamente sanno che nel nostro corpo esistono da 8 a 10 volte più microbi che cellule e che siamo colonizzati da un migliaio di specie di batteri senza che per questo siamo necessariamente ammalati! Enormi risorse sono state e vengono costantemente impiegate alla ricerca del colpevole di tutti i nostri malanni e a Parigi l’istituto Pasteur fagocita miliardi, dimentico della confessione che Louis Pasteur avrebbe fatto al suo amico Claude Bernard: ‘Claude, mi sono sbagliato: l’importante non è il germe microbico, ma il terreno e quello che vi sta sotto’.
Per la medicina in serie e di massa, il sintomo è solo il nemico da debellare e su di esso si accaniscono i ‘ricercatori’ mai paghi delle continue sconfitte e, poiché esso è spesso causato da alterazioni chimiche, ecco che usano la chimica per combatterlo, affidandosi ciecamente ai freddi e impersonali risultati di laboratorio. Questo hanno loro insegnato e questo applicano.
Purtroppo si dimenticano che l’essere umano non è solo un insieme di strutture fisiche, ma è una realtà complessa in cui psiche e cellule sono strettamente collegate e, se lo spirito soffre, difficilmente si può guarire.
Spesso la maggioranza dei medici non si cura di stabilire una sorta di alleanza terapeutica col paziente che è prima di tutto un essere umano che soffre e che non sa a chi confidare le sue pene (per loro, queste riguardano gli psicologi) e così le consultazioni, invero assai rapide, si limitano a una semplice lettura di esami clinici.
‘Caro signore, i suoi sintomi nonmi piacciono; le prescrivo degli esami del sangue’.
Poi, leggendo i risultati: ‘Ah, ecco, ha il colesterolo alto, così non va, lei rischia l’infarto! Prenda queste pillole per un mese, osservi questa dieta e poi torni a trovarmi: fa 150 euro, grazie’.
‘Grazie un corno, che ho il colesterolo alto lo vedo anch’io senza dover studiare per dieci anni; mi spieghi piuttosto perché i valori si sono alzati’, tentate di ribattere con un filo di voce.
‘Sarà l’alimentazione, lei mangia troppi insaccati e troppa carne’, sentenzia il luminare.
‘Veramente sono vegetariano’, osate sussurrare a fil di voce quasi vi vergognaste di contraddirlo.
‘Allora è senza dubbio ereditario’. Fine della consultazione!
E così mettete la coda tra le gambe, addirittura vi scusate col grande uomo che ‘salva le vite’, comprate le vostre pillole, ingrassate il farmacista e le case farmaceutiche e… vi avvelenate il fegato!
Le vostre occupazioni riprendono a inghiottirvi, non c’è tempo per ‘ascoltarsi’ e poi tutti fanno così…e vi sentite rassicurati: mal comune, mezzo gaudio!”
Dalla convinzione di fondo per cui a contare è il terreno, nonché l’essere umano nella sua totalità, Mambretti sintetizza poi la sua convinzione relativamente al fenomeno di compensazione messo in atto dal corpo.
“Se, come ho cercato di spiegare fino ad ora, un sintomo rappresenta la compensazione estrema a una sofferenza non più gestibile, allora la causa di una qualsiasi patologia va ricercata nella storia vissuta dal paziente. È lo stress inconfessabile vissuto in un istante e non più gestibile che ha costretto la persona, suo malgrado e a sua insaputa, a mettere in atto una sorta di meccanismo simbolico a posteriori, nel tentativo di ritrovare l’equilibro perturbato. Poiché non esiste effetto senza causa, è quell’istante destabilizzante che va riconosciuto e liberato affinchè il processo di riparazione possa mettersi in atto.
[…] Per guarire occorre eliminare ciò che intrattiene la malattia. Ogni organismo si rigenera nel modo più naturale, restaurandosi da solo non appena la ragione d’essere della malatia scompare.
Se una pianta è ferita ogni giorno allo stesso posto, tenta di adattarsi con un’anomalia cellulare ricorrendo eventualmente a dei microrganismi. Se si cessa di aggredirla, guarisce riprendendo il normale corso della sua vita, conservando un callo cicatriziale nel punto ferito. Per l’animale e l’essere umano avviene lo stesso processo. Per guarire da una piaga purulenta provocata da una spina, la prima cosa da fare è togliere il corpo estraneo che l’ha provocata.
Per quanto riguarda le malattie, ciò che le scatene e le cronicizza è la sofferenza di un istante (vissuta in solitudine) che, non potendo essere confidata, si è come incrostata divenendo così una ‘spina irritante’. Questa ‘spina’, fintanto che non è eliminata, mantiene in vita la patologia.”
E ora un ultimo spunto sull’impazienza e i tempi della natura.
“L’impazienza sembra essere una costante dell’epoca in cui viviamo! Ci sono sempre tante cose urgenti da fare e che richiedono la nostra presenza: il lavoro che chiama, le incombenze familiari, le relazioni sociali, le attività ludiche, tanto che gli adulti, ai giorni nostri, sembrano aver dimenticato il significato dela parola ‘riposo’. Rubano ore al sonno ristoratore per guadagnare qualche mezz’ora in più da dedicare a ciò che pensano esser essenziale, dimentichi che la natura ha i suoi tempi. Al nostro cervello non interessano le esigenze sociali, lui continua a seguire i suoi ritmi biologici.
Anche quando ci ammaliamo, vogliamo riprenderci prima possibile per ritornare a ‘correre’ come e più di prima.
[…] Chi ha ancora il tempo di stare a riposo e curarsi per una settimana? Meglio un buon antibiotico e si riparte!
[…] Se è vero che basta un istante per innescare una patologia, è altrettanto vero che il sintomo non si manifesta nel momento immediatamente successivo alla causa scatenante, ma ha bisogno di un certo periodo di tempo per segnalare la sua presenza. Allo stesso mondo, una volta risolto il problema, il cervello invia al corpo gli ordini necessari per ritrovare l’equilibrio perduto e tutto comincia a mettersi gradatamente in azione per riparare le strtuttura danneggiate. Più la patologia è severa e più il tempo necessario al recupero si dilata; esso generalmente è proporzionale, tranne casi isolati, alla durata della patologia.
Le malattie sembrano dunque, tra l’altro, insegnarci ad avere pazienza”.
Terminato con La medicina del futuro di Giorgio Mambretti, ci vediamo al prossimo articolo.
Fosco Del Nero
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grazie per la segnalazione…quanta strada da fare, però!
Già… ma un passo alla volta la stiamo facendo… :)
Fosco Del Nero