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La promessa dell’immortalità – Swami Kriyananda (approfondimento)

5 Mar 2012 | Esistenza, Religione, Spiritualità

Product by:
Swami Kriyananda

Reviewed by:
Rating:
5
On 5 Marzo 2012
Last modified:22 Settembre 2022

Summary:

Chi ha letto la recensione de La promessa dell’immortalità, di Swami Kriyananda, si ricorderà senza dubbio che ho speso parole d’elogio per questo libro di grande saggezza e grazia.

La promessa dell’immortalità - Swami Kriyananda (approfondimento)Titolo: La promessa dell’immortalità (The promise of immortality).
Autore: Swami Kriyananda.
Argomenti: spiritualità, religione.
Editore: Ananda Edizioni.
Anno: 2001.
Voto: 8.
Recensione: qui.
Dove lo trovi: MacrolibrarsiGiardino dei libriAmazon.

 

Chi ha letto la recensione de La promessa dell’immortalità, di Swami Kriyananda, si ricorderà senza dubbio che ho speso parole d’elogio per questo libro di grande saggezza e grazia.
Tanto che nel presente articolo di approfondimento sono in forte imbarazzo sugli spunti da proporvi, tanti sono quelli che mi sono segnato.
Farò del mio meglio, selezionandone alcuni tra quelli evidenziati.

Il primo spunto sta a metà strada tra scienza e spiritualità.
“I fisici moderni stanno cominciando a scoprire l’esistenza di sottili legami d’interazione nei fenomeni naturali. Il movimento di un elettrone è simultaneamente eguagliato dal movimento di un altro elettrone in un luogo diverso, anche se i due sono distanti l’uno dall’altro. Ogni nostro pensiero ha un effetto sottile sull’ambiente che ci circonda. Le persone sensibili sono spesso consapevoli che i pensieri permeano l’ambiente, e che una stanza piena di persone può contenere una sottile atmosfera mentale.
Poiché tutta la vita è un’unica realtà, più diventiamo sensibili a essa e più essa ci sostiene, proprio come il suono è amplificato dalla cassa di risonanza in uno strumento musicale. Un ego orgoglioso assomiglia in questo senso a una corda di pianoforte tesa tra due punti, ma priva della risonanza di un pianoforte sotto di sé. Quanto più ci isoliamo nella coscienza dell’ego, tanto meno abbiamo il potere di realizzare qualcosa di meritevole o di significativo nella vita.”

Il secondo spunto riguarda la creazione divina.
“Noi onoriamo Dio quando amiamo ogni cosa in suo nome. Lo onoriamo ogni volta che percepiamo ispirazione divina in un tramonto, energia e gioia in uno sprazzo di luce tra gli alberi, musica celestiale nel canto degli uccelli e libertà interiore in ogni alito di vento. Ogni cosa diventa più bella, quando scopriamo il segreto interiore della vita: che nel cuore di ogni cosa c’è l’Amore stesso.
È anche utile guardare oltre ciò che ci ispira solo esteticamente, poiché Dio ci invia i Suoi messaggi in molte forme. Pensa alle rocce: nella loro solidità e immobilità, non sono forse divine lezioni di costanza? Pensa alle api: non ci insegnano, senza parole, ad attingere solo dolcezza dalla vita e a distoglierci da ogni rabbia e amarezza? Pensa alle nuvole: non ci portano forse un messaggio di distacco dalle piccole preoccupazioni quotidiane e di servizio imparziale a tutti, come fanno loro quando ci inviano la pioggia che ci nutre?”

Adesso un brano un po’ critico sulla tipica religiosità occidentale, accompagnato da un invito esperienziale.
“I cristiani ‘normali’, che desiderano essere buoni ma non troppo (o, come Sant’Agostino, non ancora), rispondono istintivamente a qualunque santo abbiano il fastidio di incontrare denunciandolo pubblicamente come ipocrita o come pazzo o fanatico. Solo quando un santo è ormai morto da anni, ed è quindi diventato innocuo, la Chiesa a volte lo loda e lo definisce santo. Di solito, in quel caso, si assume il merito della sua santità (non del tutto ingiustificatamente, poiché si sa che la persecuzione conduce alla santità).
[…] Le persone non hanno più, nei confronti di qualsiasi credo, la fiducia di un tempo. Troppi concetti in passato accettati come validi sono stati confutati dalla scienza moderna: la convinzione che l’universo fosse di dimensioni ridotte, che la Terra vi occupasse una posizione centrale, che fosse stata creata in tempi relativamente recenti e che fosse piatta. In molti modi, la scienza continua a contraddire ciò che appare evidente ai nostri sensi. Ha scoperto, ad esempio, che la densità della materia è solo un’illusione: lo spazio tra gli atomi del nostro corpo è tanto grande, in termini relativi, quanto quello che separa le stelle.
[…] Per questi motivi, la gente oggigiorno considera il fatto stesso di credere con scetticismo. Esige delle prove.
La scienza ci ha insegnato a considerare con cautela specialmente il dogmatismo, ci ha insegnato a sottoporre le affermazioni ipotetiche alla prova della sperimentazione o, per quanto concerne la vita umana, alla prova dell’esperienza. Gesù stesso ha incoraggiato questo atteggiamento: ‘Dai loro frutti li riconoscerete’ (Mt 7, 16). Anche San Giovanni ha detto: ‘Mettete alla prova le vostre ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio’ (Prima lettera di Giovanni 4, 1).
Accogliere Cristo non significa solamente credere in lui; significa sperimentare interiormente la sua presenza.
Ci aspettiamo che le ipotesi scientifiche vengano confermate o smentite; ci aspettiamo anche delle dimostrazioni, o per lo meno delle prove, nelle questioni di interesse comune. Ad esempio, si può conoscere il gusto di una banana solamente assaggiandola; non è sufficiente leggere una descrizione del suo sapore. Le affermazioni religiose devono essere sottoposte a simili prove. Se non possono essere verificate direttamente attraverso l’esperienza, dovrebbero perlomeno essere testate indirettamente, facendo appello a esperienze comparabili.
Sappiamo davvero che accogliendo Cristo riceveremo il potere di diventare figli di Dio? Forse no, ma certamente possiamo verificare se, accogliendolo, non raggiungiamo un livello di ispirazione mai sperimentato prima. Potresti provare a fare un semplice esperimento: per una settimana, o anche solo per un giorno, includi Cristo minuto per minuto nella tua vita. Condividi con lui i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, le tue azioni, perfino le tue attività più comuni, come camminare, mangiare e respirare. Alla fine del periodo, chiedi a te stesso se hai avvertito qualche cambiamento significativo. Sei mai riuscito nella tua viva a realizzare qualcosa di altrettanto valido solo con affermazioni e decisioni positive? La domanda è retorica; la risposta sarà evidente.”

E adesso un altro esercizio-consiglio di Kriyananda.
“Medita ogni giorno sulla vastità di Dio. Sintonizzati con la coscienza infinita del guru o di Cristo (se molti meditano ‘sintonizzandosi’ con Gesù, molti altri lo fanno con Yogananda, il maestro di Kriyananda, ndr). Visualizza quella presenza come una luce di fulgida purezza che dimora nel centro stesso del tuo cuore. Espandila mentalmente, fino a colmare tutto il tuo corpo. Visualizzala quindi mentre si espande al di là del corpo, circondandoti di un’aura dorata. Quell’aura, non la tua forma fisica, è il tuo vero corpo.
Continua a espandere la luce. Visualizzala mentre riempie la stanza in cui ti trovi; la zona in cui vivi; il tuo paese; tutti i continenti e gli oceani della Terra. Dal centro di questa consapevolezza espansa nel tuo stesso cuore, invia raggi di pura luce e puro amore a tutti gli esseri, benedicendoli.
Infine, libera la tua luce dai suoi confini terreni. Osservala mentre fluisce all’esterno, con beatitudine, per abbracciare il sistema solare, la Via Lattea, l’Universo intero!
Medita ogni giorno su questa espansione di pura luce e amore, fino a quando la tua coscienza si innalzerà fino a Dio sulle ali dell’ispirazione.”

Ora un altro spunto, questo sul tema delle rinascite.
“Quando, nella meditazione profonda, raggiungiamo la pura coscienza, veniamo purificati dalle limitazioni e realizziamo l’unione con Dio. La perfezione di Dio, potenzialmente, ci appartiene.
La morte, di per sé, non può spogliarci delle nostre limitazioni. La coscienza degli esseri non risvegliati attraversa dopo la morte un processo di purificazione, che gli antichi greci chiamavano Lete, fiume della dimenticanza. La coscienza di un maestro risvegliato, invece, non si identifica con i veicoli attraverso i quali si esprime. Un maestro rimane eternamente consapevole del proprio sé.
Gli esseri umani, intrappolati sulla Terra, fanno ritorno molte volte sul piano fisico. Ricordano raramente persino episodi fuggevoli delle loro vite passate, ma, a un livello di consapevolezza dell’anima più profondo di quello cosciente, mantengono una memoria completa. Ogni scelta che fanno è influenzata, ben più di quanto possano comprendere, da sottili impressioni provenienti dal passato: traumi, soddisfazioni, speranze, appagamenti, delusioni, e soprattutto le loro reazioni passate a tutto ciò, le quali determinano più di ogni altra cosa la loro attuale personalità.
Solo la mancanza di consapevolezza spirituale ci impedisce di sperimentare il perfetto stato di realizzazione del Sé che Gesù e gli altri veri maestri hanno raggiunto. La dichiarazione di San Giovanni ‘A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio’ è rivolta proprio alla nostra capacità potenziale di raggiungere quella realizzazione.”

Segue adesso un piccolo brano sulla saggezza e sull’intuizione.
“È possibile istituzionalizzare la saggezza? Abbiamo visto che non lo è. Se, d’altro canto, un vero saggio ti dice qualcosa che non hai mai sentito prima, rifletti sulla sua affermazione, cercando in essa una possibile verità. Non analizzarla alla ricerca i errori intrinseci, se vuoi accrescere la tua comprensione. Una verità spirituale viene riconosciuta più facilmente dal cuore che dall’intelletto. L’intelletto è più incline a respingere con disprezzo qualunque nuova idea che non sia stata formattata per il suo ‘sistema di archiviazione’ mentale. A prescindere da ciò che ti dice l’intelletto, fidati dei sentimenti calmi e impersonali del cuore. Questi sentimenti, infatti, sono il segreto della comprensione intuitiva. Sii per lo meno aperto a ciò che il saggio ti dice, e non dipendere con orgoglio dal tuo intelletto, nominandolo arbitro supremo.”

Ora un altro spunto pratico sull’energia e la meditazione.
“Per divenire consapevoli delle energie interiori del corpo è necessario, in primo luogo, ritirare la mente dalla sua identificazione con il mondo dei sensi. Lo si può fare innanzitutto sedendosi dritti e immobili, con la spina dorsale eretta, lo sguardo rivolto verso l’alto con gli occhi semichiusi (l’indicazione di uno stato supercosciente, a metà strada tra quello conscio e subconscio), la mente focalizzata nel punto tra le sopracciglia. Quando il corpo è immobile, la consapevolezza del sottile flusso di energia contenuto in esso si risveglia.
Quanto a lungo bisognerebbe rimanere seduti in meditazione? Una buona regola è meditare finché si riesce a farlo con piacere, o con vivo interesse e attenzione. Non rimanere mai seduto per molte ore solo per mettere alla prova la tua resistenza. E non sedere a lungo se, così facendo, mediti distrattamente. Molto più importante della durata di una meditazione è la sua intensità. La distrazione e quella che Paramhansa Yogananda ha definito come tiepida devozione sono le maggiori barriere al progresso spirituale. Perfino cinque minuti di profonda meditazione son preferibili al rimanere seduti per un’ora intera nel silenzio se tutto ciò che facciamo durante quell’ora è guardare l’orologio!
In realtà, è una buona pratica sedersi a meditare come se avessimo veramente solo cinque minuti. Fin dal momento in cui assumi la posizione della meditazione, entra immediatamente nelle tue pratiche spirituali.”

E, infine, un brano dedicato all’annoso dilemma “cambiare il fuori o cambiare il dentro?”.
“Alle persone piace guardare film d’epoca, il cui unico pregio, di solito, sono i costumi elaborati. Spettacoli come questi ci risparmiano le realtà meno piacevoli. I lavaggi poco frequenti, i corpi maleodoranti, la mancanza di adeguate strutture sanitarie.
Le persone idealizzano anche il lontano futuro, con immagini di invenzioni scientifiche: navicelle spaziali, ad esempio, che portano in un attimo il fortunato viaggiatore su qualche pianeta dove l’Eden esiste ancora. Nessun Eden, ovviamente, potrebbe offrire un miglioramento rispetto alla vita che esse già conoscono, poiché, ovunque vi sia l’Eden, ci saranno anche loro!
A meno che non abbiano raggiunto l’illuminazione spirituale, la scienza non sarà mai in grado di aumentare la loro felicità. Solo la scienza interiore della comunione yogica può compiere quell’impresa. E, per quello, non è necessario alcun Eden. Dobbiamo rimuovere un pezzetto alla volta le false immagini scintillanti alla periferia della nostra mente. Non cambieremo solo trasportando il nostro corpo altrove, nel tempo o nello spazio.”

Sperando che abbiate apprezzato tanto la mia selezione quanto la mia pazienza da amanuense, termino con La promessa dell’immortalità di Swami Kriyananda e vi rimando al prossimo articolo di approfondimento.

Fosco Del Nero

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