Titolo: Essere nel presente.
Autore: Marina Borruso.
Argomenti: esistenza, crescita personale.
Editore: Tecniche Nuove Edizioni.
Anno: 2009.
Voto: 7.5.
Recensione: qui.
Dove lo trovi: Macrolibrarsi, Giardino dei libri, Amazon.
Benvenuti a questo articolo di approfondimento, dedicato al libro di Marina Borruso Essere nel presente.
Per codesto articolo procederò in modo insolito, tramite dei sintetici titoli di argomenti, cui seguiranno due citazioni ciascuno tratte dal libro in questione.
Andiamo a cominciare
L’accumulo delle emozioni negative e la nascita della sofferenza:
“Nel tempo l’accumulo delle varie emozioni provate e non realmente vissute, messe per così dire da parte, congelate, resta nel corpo. Questo si deposita nei nostri muscoli, che tirano i nostri tendini, formano quegli scudi rigidi che ci fanno assumere posture sbagliate.
Il nostro corpo diventa insomma un deposito di spazzatura emozionale proprio come facciamo intorno a noi sul pianeta.
Ed è per questo che ogni tanto esplodiamo, perché l’accumulo diventa troppo grande e cerchiamo di liberarcene, o buttandolo addosso a qualcuno o creando una malattia.”
“Quando percepite una sensazione emozionale, smettete di temerla, di difendervi.
Prendete il coraggio a due mani e lasciatevi invece entrare dentro quell’emozione. Tuffatevi dentro, è solo vita che si muove in voi, non è nient’altro.
Ma molti di noi hanno accumulato dentro tante vecchie emozioni. E abbiamo paura di incontrarle di nuovo. E questa paura in fondo è assurda, perché abbiamo paura di incontrarle ma non abbiamo paura di continuare a portarcele dentro e quindi di conviverci.
È ancora più assurdo se consideriamo che sono come una bomba ad orologeria che periodicamente ci scoppia fra le mani quando meno ce lo aspettiamo. Infatti, quando la vita si muove e ci tocca, i pensieri che si risvegliano a proposito degli avvenimenti nei quali siamo coinvolti, fanno scattare emozioni, ma queste non sono solo le emozioni relative all’avvenimento che stiamo vivendo, ma sono anche le emozioni del passato, quelle che abbiamo via via accumulato negli anni.
Quando ancora una volta rifiutiamo di entrare in quell’emozione, stiamo aggiungendo un altro po’ di spazzatura emozionale al nostro deposito già pieno.”
Cosa normalmente facciamo con la sofferenza:
“Normalmente usiamo la vecchia sofferenza per aumentare e mantenere un’idea di noi stessi, un povero me, un ego, per continuare a raccontarci la stessa storia, senza renderci conto che facendo questo non facciamo che aggiungere nuova sofferenza al bagaglio già pesante della vecchia. È proprio questo fare inconsapevole a mantenerci nella ruota della ripetizione.
Al contrario, quel bagaglio di vecchia sofferenza, quel vecchio noto malessere, che ci trasciniamo appresso da anni, è proprio la porta per la liberazione.
Quel vecchio bagaglio è la chiave per la nostra evoluzione, può aprirci la porta della consapevolezza.”
“Quando non siamo consapevoli della paura che abbiamo, questa va accumulandosi e finisce per scoppiarci fra le mani quando meno ce lo aspettiamo. È il caso di fobie e attacchi di panico.
Siamo stati così attenti a non correre rischi, a far finta di non sapere, a pretendere di avere tutto sotto controllo, e poi inaspettatamente abbiamo un attacco di panico. Quella paura doveva pure uscire da qualche parte!
E naturalmente ci coglie quando siamo soli, quando non vi è nessun motivo per avere paura. Ci attacca di sorpresa e ci trascina in un territorio sconosciuto. E come facciamo ora noi che non abbiamo voluto mettere un dito fuori dai nostri spazi di sicurezza, che non abbiamo voluto vedere la verità neanche con gli occhiali da sole, come facciamo ora che l’abbiamo di fronte ad accettarla? Bisogna allora trovare uno specialista che ci aiuti a risolvere il problema. Perché di un problema si tratta: attacchi di panico. Tutto va bene nella mia vita, ho soltanto qualche attacco di panico di tanto in tanto. Qualche pillolina e via!
Da dove verrà fuori la prossima volta, quale altra uscita troverà? Che forma prenderà per richiamare la nostra attenzione e farci finalmente entrare in noi stessi, per farci includere altre dimensioni, altre aspirazioni, altre necessità, altre esperienze che ci permettano la conoscenza di noi stessi e della vita?
Invece quando arriva il cosiddetto attacco di panico e ti paralizza, tu resisterai perché sei abituato a resistere. Perché è questo quello che normalmente fai nella vita: stringere i denti, contrarti ancora di più nella paura e andare avanti. Starai fermo solo perché la paura non ti consente di fare altro, ma dentro di te starai gridando “No!”.
E così per resistere meglio cercherai aiuto. E non ti viene neppure in mente che l’attacco stesso è l’aiuto.”
Cosa invece dobbiamo fare con la sofferenza:
“Possiamo rimanere a trastullarci con le nostre solite lotte intestine, oppure possiamo imparare ad attraversarle vivendole veramente senza ricamarci su storie o farne inutili drammi, e allora vedremo risplendere il nostro vero Essere, puro, inalterato, non scalfito dagli avvenimenti dolorosi.
È sempre rimasto lì ad attendere che volgiamo lo sguardo dalla sua parte, che ritorniamo per così dire a casa.
Il nostro lavoro quotidiano è quello di imparare a passare dal passato al presente, dal vecchio al nuovo, dall’ego all’Essere, e di farlo il più spesso possibile.”
“Il lavoro costante è quello di imparare a passare dall’inconsapevolezza alla consapevolezza, dall’ego all’Essere, di indietreggiare dall’ego per riunirsi all’Essere il più spesso possibile.
Questo può avvenire solamente se siamo nel presente, più facile quindi se siamo appoggiati allo spazio interiore del corpo, che è la porta al presente: se siamo con l’attenzione appoggiata nel corpo possiamo percepire subito la sensazione fisica di quella densità, di quella pesantezza che accompagna sempre l’ego.
Dal mondo delle idee rimarremmo inevitabilmente imprigionati in un io e nella sua storia.
Ma dal presente, solidamente appoggiati all’interno del corpo, lo viviamo, ne facciamo l’esperienza, a volte oscura, densa, difficile, ma è proprio questa esperienza di densità che ci aiuta a divorziare dall’ego.
Quando finalmente facciamo un passo e guardiamo l’ego, senza concedergli più di imprigionarci in una dimensione di inconsapevolezza, allora cominciamo a riconoscere chi siamo veramente. Usciamo alla distorsione ed entriamo nella verità. Ed è questo ad aprirci finalmente la possibilità di vedere i nostri talenti e di riconoscere i nostri veri valori. E allora cominciamo a intravedere ciò che siamo venuti a fare su questo pianeta.”
Quando dobbiamo farlo? Ovvimente nel momento presente:
“La vita accade nel Presente.
E il risveglio può accaderci solo nel Presente.”
“Abbandoniamo finalmente l’idea illusoria che ci sarà un futuro nel quale potremo finalmente essere consapevoli, essere presenti, un futuro nel quale saremo chi siamo veramente, nel quale torneremo a noi stessi, a casa, e questo semplicemente perché un ritorno può avvenire solamente dal Presente.
In ogni momento della giornata in cui ci troviamo e nel quale ricordiamo quanto sia importante per noi risvegliarci… quello è proprio il momento di farlo.”
E riguardo al momento in cui accade…
“Arriva sempre il momento in cui smettiamo di sfuggire i nostri demoni interiori e ci decidiamo a guardarli direttamente in faccia. Il momento in cui ci fermiamo, ci voltiamo e ci lasciamo spaventare dalla paura alla quale abbiamo fino a quel momento tentato di sfuggire.
Accade quando ne abbiamo veramente abbastanza, quando crediamo di aver toccato il fondo: in quel momento qualcosa si arrende dentro di noi e ci lasciamo toccare dai moti interiori ed esterni. Allora smettiamo di aspettare che siano le persone che abbiamo intorno a cambiare, o smettiamo di sperare che le cose cambino da sole; insomma, accettiamo finalmente le cose come sono.
Quando smettiamo di indietreggiare davanti ai nostri malesseri, quando smettiamo di usarli per creare un dramma, per farcene vittime, o quando smettiamo di far finta che non ci siano e finalmente li guardiamo onestamente negli occhi, allora tocchiamo la sofferenza che li sostiene, ed è in questo modo, entrando nella sofferenza che abbiamo dentro, che quei demoni finiscono per perdere la presa che avevano su di noi.”
“Di quanto tempo pensate ancora di avere bisogno prima di poter dire “Non creerò più dolore, più sofferenza”?
Di quanto altro dolore avete bisogno prima di compiere questa scelta?
Se pensate di avere bisogno di altro tempo, otterrete altro tempo e altro dolore. Tempo e dolore sono inseparabili.”
Capitolo “noi e gli altri”: nemici e aiutanti…
“Non ci sono nemici intorno a noi. Il solo nemico è interiore e non è neppure vero, è solo un’illusione che abbiamo creduto vera. È un fantasma che ci portiamo appresso da troppo tempo.
È l’ego, che crea dei nemici per sostenere la sua necessità di attaccare e difendersi. Senza nemici non si alimenta. Non c’è dramma senza nemici. E l’ego vive di dramma.
Quando allora vi accorgete di avere un pensiero o una serie di pensieri che vi fanno guardare un altro essere umano o altri esseri umani come nemici, come dei diversi, come esseri con i quali credete di non avere nulla in comune, o non volete avere nulla in comune, quello è proprio il momento in cui guardare più attentamente in voi.”
“Quando entriamo in contatto con il campo vibrazionale di un risvegliato, questo fa elevare la densa vibrazione della materia nella quale abitualmente viviamo.
Grazie a questo sottile cambiamento, la nostra consapevolezza può innalzarsi e diventa pià facile ricordare chi siamo veramente.
Grazie alla sola presenza di questa diversa vibrazione, il nostro essere, la verità di chi siamo, può emergere e manifestarsi più chiaramente.
Persino intorno alla tomba di esseri che si sono risvegliati, come quelle di santi cristiani o di Aurobindo e della Mére o di Ramana Maharshi, si può percepire una qualità vibrazionale più elevata. Come se i resti di quei corpi, le cui qualità materiche questi esseri hanno trasmutato, continuassero a vibrare anche dopo anni.”
Il risveglio della consapevolezza:
“Mentre entriamo nella densità della vecchia sofferenza e andiamo trasmutandola, andiamo man mano risvegliandoci. Scuotendoci i detriti del passato di dosso e guardandoli diventare spaziosità interiore, leggerezza, silenzio.
In questo modo la consapevolezza comincia a entrare nelle nostre cellule e a brillare attraverso di noi. Gli spazi in cui siamo assenti dal presente diminuiscono. Siamo sempre più spesso e sempre più profondamente consapevoli.
Siamo su questo piano materiale per risvegliarci. Questo risveglio avviene attraverso la disidentificazione da quelle vecchie scorie di sofferenza del passato.
Il primo passo è quello di diventare consapevoli della sofferenza e di accoglierla. Ogni cammino spirituale nei secoli ci ha indicato il risveglio attraverso la coscienza della sofferenza.
Ma non è possibile uscirvi senza entrarvi.”
“È necessario entrare nel dolore, viverlo e accoglierlo, per poterne uscire. In questo modo entriamo nell’oscurità nella quale è sepolto il diamante che siamo.
L’identificazione con la sofferenza è identificazione con la forma. La mente e il corpo sono forma. Le emozioni e i pensieri sono forma. L’ego è forma.
Soffrire consapevolmente, essere coscienti del dolore che ci portiamo dentro e accoglierlo, è andare al di là della forma. Quando accogliamo la sofferenza, allora stiamo onestamente vivendo quello che c’è. Farcene vittime, farne un’identità, una storia con la quale identificarsi è creare nuova sofferenza da accumulare sulla vecchia, è addensare la forma.
Viverla consapevolmente la dissolve, creando una dimensione interiore di spazio. Questa spaziosità è non-forma. È uno spazio di niente, di vuoto, di silenzio, di pace, tutti sinonimi di consapevolezza.”
Citazione finale su ciò che la consapevolezza porta con sé:
“La consapevolezza porta sempre valori che rispettano la vita in ogni sua forma.
Come potrebbe essere altrimenti?
Ogni valore infatti che si manifesta da uno stato di consapevolezza riflette quell’unità, quell’essenza unica che siamo tutti, e quindi si muove dal rispetto.”
E così abbiamo concluso con Essere nel presente di Marina Borruso.
A presto e buone cose a tutti.
Fosco Del Nero
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