Titolo: I segreti di Taverner, dottore dell’occulto (The secrets of Dr. Taverner).
Autore: Dion Fortune.
Argomenti: narrativa, occultismo, esistenza, mente.
Editore: Venexia Edizioni.
Anno: 1926.
Voto: 7.5.
Recensione: qui.
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La bellezza de I segreti di Taverner, dottore dell’occulto, libro scritto da Dion Fortune ormai quasi un secolo fa (1926) sta nell’unione armoniosa tra letteratura e principi esistenziali.
Essendovi il fattore narrativo di mezzo, l’aspetto saggistico viene ovviamente sacrificato, pur tuttavia il libro offre abbastanza per la persona interessata a tematiche esoteriche.
Cito dunque qualche brano dai vari racconti che compongono l’opera in questione.
Prima citazione, sulla consapevolezza e sulla compassione che ne è il frutto derivante.
Spesso mi meravigliavo della tolleranza e della compassione di Taverner per l’umanità che commette errori.
“Più vedrete la natura umana”, mi disse una volta, “meno vi sentirete incline a condannarla, perché vi renderete conto di quanto duramente ha combattuto.
Nessuno fa de male perché gli piace, ma perché è il minore di due mali.”
Nella seconda citazione, il protagonista dei racconti, il dottor Taverner, ci accenna al processo di “programma evolutivo” che precede l’incarnazione nella materia.
“Conoscete il processo mentale che precede la nascita?
Poco prima di rinascere l’anima assiste alla proiezione di un film (vero e proprio) sulla sua vita futura; non tutti i dettagli, ma le linee principali del suo destino.
L’anima non può alterare queste cose, ma le sue vite future saranno programmate in base alla sua reazione.
Ecco perché, pur non potendo cambiare il nostro destino in questa vita, il nostro futuro è interamente nelle nostre mani.”
Nella terza citazione, invece, ci parla di ciò che accade subito dopo la morte fisica.
“Abbiamo due corpi fisici, sapete, quello denso e materiale, che noi tutti conosciamo, e quello etereo, che lo abita e che agisce come veicolo delle forze vitali, il cui funzionamento spiegherebbe un sacco di cosa se soltanto la scienza si degnasse di studiarlo.
Quando un uomo muore, il corpo etereo, insieme all’anima, scivola fuori dalla forma fisica e vaga per i dintorni per circa tre giorni, o fino al momento della decomposizione; poi l’anima scivola fuori anche dal corpo etero, che muore a sua volta e l’uomo entra nella prima fase della sua esistenza post mortem, quella del purgatorio.
Ora, è possibile tenere in vita il corpo etereo quasi all’infinito purché sia disponibile una riserva di vitalità, ma non avendo uno stomaco in grado di digerire il cibo e trasformalo in energia, la “cosa” deve cibarsi a spese di qualcuno che invece ce l’ha, divenendo uno spirito parassita che noi chiamiamo vampiro.
Nell’Europa orientale conoscono molto bene la magia nera. Ora, supponendo che un uomo esperto di magia nera venga ucciso, egli sa che nell’arco di tre giorni, alla morte del corpo etereo, dovrò affrontare il giudizio. Naturalmente non vorrà farlo, quindi stabilità un collegamento con il subconscio di qualche altra anima che ha ancora un corpo, ammesso che ne trovi una adatta ai suoi scopi. Un carattere troppo positivo è inutile; è necessario che ne trovi uno negativo, come quello prodotto dalla classe più infima di medium. Ecco perché la medianità è così rischiosa per chi non ha esperienza.”
Andiamo avanti, con un brano apparentemente poco significativo, ma che en passant dà per scontato e assodato un principio che viceversa quasi nessun uomo applica nella propria vita: il caso non esiste e le energie procedono per via magnetico-attrattiva.
“Pensavo che Taverner avrebbe rifiutato quel caso, perché una normale ferita alla testa era di scarso interesse per lui, e invece chiese: “Per quale motivo siete venuto da me?”.
“Le ho provate tutte”, rispose Black, “Sono stato da due o tre specialisti, con scarsi risultati, e arrivo ora dal peggiore della serie”.
Fece un nome importante. “Mi ha detto di mettermi a letto per un mese e mangiare. Vagavo per la strada e mi è piaciuta la vostra targa d’ottone, così sono entrato. Perché, non rientro nel vostro genere? Di cosa vi occupate? Bambini o decadimento senile?”.
“Se è il caso ad avervi portato qui, probabilmente rientrate nel mio genere”, rispose Taverner.”
Il fatto che il caso non esiste e che le energie si muovono per l’appunto non a caso potrebbe essere riscritto in questo modo, guardando agli effetti di tali movimenti… ciò che è anche un riferimento al karma.
“Non esiste una linea dritta nell’Universo: tutto segue delle curve. Quindi è solo questione di tempo prima che ciò che si è fatto uscire dalla propria mente vi faccia ritorno.
Prima o poi il cane tornerà a casa dal suo padrone.”
Ora segue un breve brano sulla natura del creato e sul fatto che tutto, a modo suo, è vivente.
“Ma come può un oggetto inanimato provare emozioni?”, chiesi.
“Non può”, rispose Taverner, “ma esiste davvero un oggetto inanimato? La scienza occulta sostiene di no. Una delle nostre massime è che la mente cade in trance nel minerale, dorme nella pianta, sogna nell’animale e si sveglia nell’uomo. È sufficiente guardare il viticcio di un pisello odoroso che si stende in cerca di un supporto per rendersi conto che i movimenti delle piante sono tutto tranne che privi di scopo, per non parlare del lavoro connesso alla fatica dei metalli. Chiedete al vostro barbiere se i suoi rasoi sono mai stanchi e vi risponderà che li fa risposare regolarmente, perché l’acciaio affaticato non può essere affilato”.
L’ultima citazione è davvero bellissima, ma prima di farvela leggere vi anticipo una cosa: si tratta del finale dell’ultimo racconto, e quindi del libro intero. Non è che vi sia un discorso di trama e di spoiler, però se avete intenzione di leggere il libro vi consiglio di non leggere questo ultimo brano, affinché possiate conservare la sorpresa di arrivare a tanta bellezza in modo così inaspettato.
“In quell’immensa immobilità della brughiera, lontana dalla vita e dal pensiero degli uomini, sentii la presenza di un’esistenza invisibile sopra di me: era come camminare attraverso acqua impalpabile. Il motore si era fermato in salita e intorno a me c’erano solo silenzio e oscurità. Qualcosa mi si stava avvicinando. Lo sapevo, eppure non poteva toccarmi, perché ero io a dover fare il primo passo.
Dovevo farlo?
Dovevo avere il coraggio di uscire dai confini angusti dell’esperienza umana per entrare nella distesa di una consapevolezza più ampia che si trovava tutto intorno a me?
Dovevo aprire quella porta che non poteva più essere richiusa?
Sopra di me, sulla collina, la grande croce di granito tagliava in due le stelle, una croce celtica, con il cerchio dell’eternità sovrapposto alle braccia protese della rinuncia.
La nebbia era salita e aveva cancellato la terra che si estendeva in basso verso Frensham fino a che non mi sembrò di ritrovarmi da solo in un cratere della Luna. Lontano da tutte le influenze degli uomini, in alto, sulle aspre cime della brughiera, incontrai la mia anima faccia a faccia, mentre la vita invisibile che cresceva come un mare si ritirava per lasciarmi lo spazio necessario a prendere la mia decisione.
E io esitai, desiderando immergermi in quella vita meravigliosa, eppure temendola. All’improvviso qualcosa mi afferrò dal cuore e mi spinse. Non riesco a descriverlo meglio di così. Avevo attraversato una barriera invisibile e mi trovavo dall’altra parte. La consapevolezza si rafforzò di nuovo, il mondo era immutato; lassù, sopra la mia testa, si profilava ancora la grande croce, eppure tutto era diventato diverso perché, per me, era improvvisamente diventato vivo. Non solo le cose erano vive, ma io condividevo la loro vita, perché ero un tutt’uno con loro.
E allora compresi che, se anche fossi dovuto restare per sempre isolato dal mondo degli uomini, avevo questa immensa compagnia tutto intorno a me.
Non ero più da solo.”
E così abbiamo terminato l’articolo di approfondimento de I segreti di Taverner, dottore dell’occulto di Dion Fortune.
Alla prossima occasione.
Fosco Del Nero
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